Ma ecco alcuni seNpi d'ellarte del Sardelli.
1. Mi professo moderatamente grato all’ignoto benefattore che, firmandosi “L’abituale fornitore del centro-sud” vorrebbe chiamarsi ad una sua presunta fama appo me, ignaro toto coelo della mia bvtirrosa memoria e dalla mia naturale tendenza all’ingratitudine. Si palesi dunque co’ suoi dati anagrafico-fiscali, la prossima volta, se vorrà sapersi almeno ascritto al novero delle persone civili.
Ma veniamo tosto al TITOLO: “Scusa se apro tutto, amore, ma questa era davvero fetente”. Con quest’icona torniamo finalmente ad occuparci della pletorica e pressoché inesauribile serie degli innamorati; in questo caso si tratta - come ognuno può da sé rilevare - del pleiboi a rate Pancaccini Alfio,in arte “Il Pantera” (mi fo le seghe/da mane a sera), segno del cinturino, 22 annetti a someggiare casse di Peroni presso il bar “da Milza”, più 13 annetti di studio systematico del 547 volumi comprendenti l’opera omnia di Lando, a cui si sommano infine i 9 anni di vana captatio topae presso la trota Busdraghi Maila, qui raffigvrata in tutto il suo splendore della sua beozia.
Ella - la trotona - nega ostinatamente la topa all’advlto maschio, credendo con ciò di conservarsi l’adamantina fama di proba pvlzella, sebbene poi se lo faccia stampare a metri nel tafanario. Qui i due romantici menestrelli d’amore son còlti proprio nell’istante in cui, giunti al Km 67 della statale per Rieti, danno finalmente un po’ di requie all’esausto radiatore, eleggendo le sterpaglie circostanti a ideale scenario del loro idyllio.
L’emozione dell’intimità e l’angvstia dell’abitacolo (1,5 m3) condvcono il maschio all’emissione indesiderata d’un magnifico scorreggione bietola & rapini che, adjuvato dalla calvra estiva (42°), costringe i tapinacci alla frenetica rottvra dei vetri ed all’apertvra del tettvccio coll’apriscatole. Finalmente riemersi, ecco la trotaccia mostrarre tutta la stolida riconoscenza per l’atto eroico del novello Rodomonte e, appoggiandogli teneramente la testolina in seno, promettergli in premio un maniglione del 16.
Federico Sardelli
2. Devo l’inwio di questa pregevole icona ad un tale che si qualifica, abbiate pazienza, «Gianni detto Yanez» da Loreto. Vi sarebbero gli estremi per relegarlo, vuoi per il soprannome, vuoi per l’omissione del cognome, fra i più romiti recessi dell’vfficio anagrafe a scrivere millanta volte a mano il suo nome per intiero su modvli risalenti al governo Depretis, ma son magnanimo e vo’ congedarlo soltanto cor una fitta masa di nocchini svlla nvca lvstra.
Vengo più tosto al Tytolo: «Non ti sto nemmeno prendendo per il culo, amore, te lo giuro su mamma (la tva)».
Eccoci finalmente diriNpetto al franco ma lyNpido Bucciantini Vilfrido, fvlgido eseNpio di attaccamento al lavoro (rimase attaccato al pannello della duevventi durante il duro lavoro di collaudo d’un flipper nuovo presso il Bar Cataclysma), segno della salacorse, alacrissimo benefattore ed amante degli animali presso la benemerita F.I.C.A (Federazione Italiana Cani Abbandonati) e, non per ultimo, Gagarone Diplomato presso il Bagno Loriana con decennale esperienza in sollevamento di basi da oNbrellone in cemento a scopo ostentativo di fronte ad ammirati drappelli di phyae.
Questo suo splendente cvrricvlvm gli apre immediatamente le porte del cuore (e dello sgomberaminestre, va detto) presso la troterella incantata Bulgigoni Ramona, testè rimorchiata per una cena tuttofritto alla Trattoria da Pogrom e di lì incitata all’infrascamento caNpestre. L’asserzione riportata nel tytolo giunge di risposta all’ansïosa domanda della tapinetta che gli chiedeva se il suo fosse amore vero, prima di concedergli definitiva autorizzazione al transito delle oscvrità escrementizie in aNbo i sensi.
Federico Sardelli